Omissione di soccorso: quando si configura la fuga?

Omissione di soccorso: quando si configura la fuga?
05 Luglio 2019: Omissione di soccorso: quando si configura la fuga? 05 Luglio 2019

Con la sentenza n. 23931/2019, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di omissione di soccorso in occasione di un sinistro stradale.

Nel caso di specie, la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, aveva confermato la condanna alla pena di anni uno e giorni dieci di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 189 C.d.S., commi 6 e 7 e art. 81 cpv. c.p., per aver l’imputato, dopo aver causato un sinistro stradale, omesso di fermarsi e prestare soccorso all’incidentato.

L’imputato era, quindi, ricorso per cassazione, censurando, tra le altre, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’art. 189 C.d.S., comma 7, per la cui sussistenza, secondo la tesi difensiva, non sarebbe sufficiente la consapevolezza che dall’incidente possano essere derivati danni alle persone, ma occorrerebbe che il pericolo si sia concretizzato almeno sotto il profilo del dolo eventuale.

Tuttavia, nel caso di specie, sarebbe mancata la percettibilità e visibilità del ferimento dell’incidentato, le cui lesioni, successivamente refertate dal Pronto soccorso come cervicalgia da contraccolpo e contusione alla spalla destra, non erano visibili nell’immediatezza del fatto.

La Corte di Cassazione ha però dichiarato l’inammissibilità del predetto ricorso.

I Giudici di Piazza Cavour hanno, anzitutto, ribadito come “le doglianze relative ad asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell’episodio e dell’attribuzione dello stesso alla persona dell’imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da un percorso motivazionale che risulti comunque esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata”. 

Ciò posto, hanno poi ricordato che, secondo il più recente ed ormai consolidato orientamento, "in tema di circolazione stradale, l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 189 C.d.S., comma 6 (punito solo a titolo di dolo) ricorre quando l’utente della strada, al verificarsi di un incidente - idoneo a recar danno alle persone e riconducibile al proprio comportamento - ometta di fermarsi per prestare eventuale soccorso, non necessario per contro essendo che il soggetto agente abbia in concreto constatato il danno provocato alla vittima".

Pertanto, "la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza".

Nella concreta fattispecie, “l’impatto a velocità piena con il veicolo sul quale viaggiava la p.o., facendolo ruotare su se stesso fino fermarsi contro il marciapiede, imponeva l’obbligo della fermata e di sincerarsi delle condizioni di salute delle persone che per sua esclusiva colpa erano rimaste incidentate (…). Orbene, nel reato di fuga previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 6, l’accertamento dell’elemento psicologico va compiuto in relazione al momento in cui l’agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze concretamente rappresentate e percepite a quel momento, che siano univocamente indicative di un incidente ricollegabile al proprio comportamento ed idoneo ad arrecare danno alle persone, dovendo riservare ad un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro. E giova evidenziare, altresì, che il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire nè l’identificazione del conducente, nè quella del veicolo, nè lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità”.

La Corte ha, pertanto, concluso che, dal complesso motivazionale della sentenza impugnata, si rilevava che il ricorrente aveva percepito l’incidente, che era consapevole che l’incidente stesso era riconducibile al suo comportamento ed era concretamente idoneo a produrre eventi lesivi. 

Ricorreva, quindi, l’elemento psicologico, quantomeno nella forma del dolo eventuale, attestato dal rifiuto dell’imputato, per effetto del suo allontanamento, di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali la condotta costituiva reato. 

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